MEGLIO, MENO, ALTRO. Quando si apparecchiano carne e proteine: è il tema di questa XVIII edizione. È chiaro come il dibattito in corso su zootecnia, proteine alternative, salute e sostenibilità faccia parte di un confronto pubblico necessario a disegnare – o prevedere – il futuro del sistema alimentare, riconoscendone la complessità. Al contempo, urge attenzione rispetto a tutte le torsioni di quella che è stata definita la ‘politica delle proteine’.
Utile pertanto fondare i ragionamenti a partire da una banale evidenza: non esiste un gap proteico globale. Le proteine sono uno dei tanti nutrienti carenti nelle diete di coloro che soffrono di malnutrizione, quale risultato di un precario accesso al cibo e, come tale, va aggredita più in chiave di lotta alla povertà che di riforma del sistema alimentare, che resta comunque indispensabile, a maggior ragione in Europa.
Ne deriva che l’ossessione per le proteine che popola la copertura mediatica (e talvolta scientifica), oltre a quella del marketing, richieda affermazioni meno semplicistiche su carne e suoi sostituti e, metriche capaci di leggere le vicende agricole e nutrizionali in chiavi più complesse.
Se dunque le proteine occupano un posto tra pari nell’alimentazione, né il primo né l’unico, si può ridimensionare la foga con cui l’industria zootecnica rivendica la sua centralità di vivandiere proteico. Si tratta infatti di ribaltare tre pilastri dell’approccio industriale al cibo: intensità, densità e uniformità. Il sistema industriale zootecnico ne rappresenta un ottimo caleidoscopio che permette di leggere le distorsioni originate dalla ricerca del massimo contenimento dei costi per il massimo ottenimento delle rese.