I Fori come palcoscenico per spettacoli Blockbuster?
La vera antichità come fondale del kitsch di un musical su Nerone?
Difficile spiegare perché non è una buona idea, nel momento in cui il Ministero per i Beni culturali investe quasi venti milioni di euro pubblici per trasformare il Colosseo stesso in una location per eventi e il comune di Verona vuole coprire l’Arena, trasformandola in una specie di palasport di lusso.
Eppure, no: è una pessima idea.
In una società dello spettacolo in cui tutto – a partire dalla politica – è fiction, in cui tutto è intrattenimento, in cui tutto parla alla pancia è vitale salvare quei pochi luoghi in cui si può sviluppare una conoscenza critica e razionale del reale.
Leon Battista Alberti diceva che l’arte è una finestra sul mondo reale: noi stiamo trasformando il patrimonio culturale in uno specchio che rimanda ossessivamente l’immagine del nostro presente.
In Italia abbiamo un enorme privilegio: le nostre città ci mettono a contatto con il passato, cioè con un altro modo di vivere, e di pensare.
Se mascheriamo quel passato assoggettandolo alle logiche del presente, non ci serve niente.
Ma se ci educhiamo a leggerlo, a comprenderlo e ad amarlo per quello che è, può darci la forza di capire – diciamolo con Gramsci – “che non tutto ciò che esiste è naturale che esista”.
È sempre stato così: la conoscenza del passato aiuta a costruire un futuro diverso dalla continuazione del presente.
Se oggi non ne siamo più capaci è anche perché pensiamo che il modo migliore per “valorizzare” i Fori sia farci un musical su Nerone.
Senza l’incendio, speriamo.
(Articolo di Tomaso Montanari, pubblicato con questo tiolo il 21 aprile 2017 su “la Repubblica”)