La prima storica conferenza globale sull’acqua si è chiusa con la creazione di un nuovo inviato delle Nazioni Unite per l’acqua e centinaia d’impegni non vincolanti che, se rispettati, porterebbero il mondo verso l’accesso universale all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari.  Un primo passo. 

Il vertice di tre giorni a New York ha stimolato quasi 700 impegni da parte di governi locali e nazionali, organizzazioni non profit e alcune imprese per una nuova Agenda di azione per l’acqua, i cui progressi saranno monitorati in futuri incontri delle Nazioni Unite. Sarà inoltre creato dall’ONU un nuovo gruppo scientifico sull’acqua.

Nel complesso, gli organizzatori si sono detti sodisfatti ma hanno anche ammesso che era necessario fare qualcosa di più e qualcuno aveva sperato che fosse prodotto un accordo globale formale, sul genere degli accordi sul clima di Parigi del 2015 e il patto sulla biodiversità di Montreal del 2022, oltre a dati migliori e un meccanismo finanziario internazionale per salvaguardare l’approvvigionamento idrico.

In chiusura dello storico vertice, António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha esortato tutti a trasformare gli impegni in azioni. “Tutte le speranze dell’umanità per il futuro dipendono, in qualche modo, dalla tracciatura di un nuovo corso per gestire e conservare l’acqua in modo sostenibile… e deve essere al centro dell’agenda politica”.

Circa il 90% degli impatti climatici è legato all’acqua (troppa, troppo poca o troppo sporca), eppure solo il 3% dei finanziamenti per il clima è ora dedicato ai sistemi idrici mondiali. Secondo una ricerca del Pacific Institute, i conflitti legati all’acqua sono aumentati drasticamente negli ultimi anni con la diminuzione delle fonti, comprese molte controversie interne tra abitanti urbani e rurali, pastori e agricoltori.

Alla conferenza hanno partecipato quasi 7.000 persone, molti in rappresentanza del settore privato e del nord del mondo mentre pochi erano gli esperti e i rappresentanti delle comunità in prima linea nella crisi idrica del sud del mondo, molti esclusi a causa di visti e barriere finanziarie. Alla conferenza hanno partecipato solo una decina di leader mondiali e non ci sono state proteste. 

Mana Omar, 28 anni, uno dei pochi attivisti di Fridays for Future Africa ad aver ottenuto un visto, ha dichiarato: “Essendo un giovane senza affiliazione a una grande organizzazione, non c’era alcuna possibilità di condividere le esperienze della mia comunità”, ha detto Omar, che è della contea di Kajiado in Kenya, dove le ragazze e le donne delle comunità indigene pastorali stanno affrontando un peggioramento della violenza di genere poiché la siccità le costringe a viaggiare più lontano per trovare l’acqua.

La conferenza inoltre non è riuscita ad affrontare le violenze e le minacce che devono affrontare le comunità che cercano di proteggere le risorse idriche dall’estrazione mineraria, dall’agricoltura industriale e da altre industrie inquinanti. “È stato un evento molto burocratico in cui solo le grandi ONG, i governi e le aziende private possono esprimersi”, ha detto Juan Gabriel Martinez, 34 anni, difensore della terra e dell’acqua di Manizales, in Colombia, dove la comunità è sotto attacco da parte di milizie armate.

Un quarto della popolazione mondiale non ha ancora accesso all’acqua potabile sicura, mentre la metà non dispone di servizi igienici di base, che è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030. I progressi sono stati lenti a causa della mancanza d’investimenti finanziari da parte dei paesi ricchi, che parlano di prestiti e non di sovvenzioni, di volontà politica insufficiente. Al ritmo attuale, l’accesso universale all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari non sarà raggiunto per decenni dopo l’obiettivo del 2030.

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