Le rinnovabili dimenticate: “Il governo preferisce il gas”

Ma l’esecutivo non ha fretta. Il dl Aiuti fa poco, mentre spinge sulle fossili Legambiente: “Nessun commissario e timidezza sulle Soprintendenze. Non si arriverà mai a 60 Gw…”

DI VIRGINIA DELLA SALA, IL FATTO QUOTIDIANO, 8 MAGGIO 2022

È un testo sottoposto a pressioni e forze, anche contrastanti: il decreto Aiuti continua a cambiare. Lo ha fatto prima del suo ingresso in Consiglio dei ministri, giovedì, ed è continuamente modificato in attesa che approdi in Gazzetta ufficiale. Indipendentemente dalle rifiniture, però, la parte sull’energia si porta dietro un peccato originale: è concentrata sul gas e debole sulle rinnovabili.
Nell’ultima versione conosciuta, ad esempio, è previsto uno o più commissari per i rigassificatori galleggianti che serviranno a trasformare il Gnl, il gas naturale liquefatto in arrivo da Africa e Usa per emanciparci da Mosca. Il commissario sarà “di governo” (niente incarico ai presidenti delle Regioni) e il suo lavoro è semplificato su ogni fronte, sia autorizzativo che operativo. Ci sono poi deroghe per le Autorizzazioni sul carbone e il riavvio delle centrali. Poco sulle rinnovabili: qualche velocizzazione sulle Valutazioni ambientali e le aree idonee, il potenziamento nel settore agricolo e l’intervento della presidenza del Consiglio per i progetti con Via statale. Non si risolve il far west delle autorizzazioni regionali e manca appunto il commissario chiesto dalle imprese del settore, che resta ormai uno dei pochi a non averne uno, anche se i numeri indicano che un problema c’è.
Nell’ultimo anno, le richieste per progetti di rinnovabili in Italia sono passate da 84 a 575, secondo i numeri raccontati in audizione alla commissione parlamentare per la Semplificazione dalla direttrice generale del ministero della Cultura (Mic) Federica Galloni, che è anche la responsabile della soprintendenza speciale per l’attuazione del Pnrr e del Pniec (il Piano integrato per energia e clima). Ci sono 69 progetti per l’eolico in attesa della verifica di procedibilità e 101 in lavorazione, così come 357 per il fotovoltaico in attesa di procedibilità e 48 in fase istruttoria. Le sovrintendenza sono le prime accusate di creare questo collo di bottiglia, ma – secondo Galloni – uno dei problemi che a fronte di questo incremento non c’è stato un aumento del personale e gli uffici sono in affanno. Manca poi la mappa delle aree idonee alle rinnovabili (è stata avviata solo una fase transitoria che ha identificato alcune zone “potenzialmente” idonee) e un ruolo attivo delle Regioni. “È opinione diffusa che gli uffici del Mic diano dei pareri troppo discrezionali – si è difesa Galloni – ma solo cinque regioni a oggi hanno i piani paesaggistici approvati e condivisi con noi. Le altre hanno propri strumenti (Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Campania, Trento-Bolzano, ndr) che però non sono condivisi con questo ministero: significa che spesso bisogna verificare l’attualità di quello strumento”. Spesso poi i progetti presentati non sarebbero all’altezza. “Richieste di parchi eolici su aree dove già sono presenti o, per la fretta di prendere dei numeri di protocollo al Mite, progetti che sono al ciclostile”, cioè generici e non adeguati alla proposta avanzata. Le integrazioni, per le quali sono previsti fino a 120 giorni, spesso ne richiedono di più.
Tanti problemi che avrebbero bisogno di una riforma organica e che invece ricevono solo piccole spinte, preziose ma insufficienti. “In un mese (a marzo) in Germania è stato installato più fotovoltaico che in Italia in tutto il 2011 – ha twittato Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club – È ora di smetterla di cincischiare con norme insufficienti e inadeguate (come anche in questo decreto) e darci una mossa”. Un post condiviso anche dall’ad di Enel, Francesco Starace, che ha più volte accusato il governo – suo azionista – di schiacciarsi sulle posizioni dell’Eni e di costruire le sue strategie sul gas.
Per gli ambientalisti si tratta di un decreto che, ancora una volta, temporeggia. “Sui dettagli aspettiamo la pubblicazione in in Gazzetta Ufficiale – spiega al Fatto il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – In generale però il governo sembra continuare a percorrere la strada intrapresa da quando è iniziata la guerra in Ucraina, riservando un forte decisionismo alla diversificazione delle fonti fossili – come i commissari per i rigassificatori o per il termovalorizzatore di Roma – e piccoli interventi non risolutivi sulle rinnovabili, senza neanche il commissario che chiedeva la stessa Elettricità Futura, l’associazione delle aziende del settore. Il governo dà un segnale chiaro: per le rinnovabili non c’è la stessa fretta che c’è per il gas”. Le soprintendenze restano un problema: “Si pensi alla diga di Genova, che ha avuto parere positivo per i suoi tre chilometri di lunghezza ma negativo per le pale eoliche progettate da Renzo Piano che avrebbero dovuto esser poste sopra. Il ministro Franceschini deve indirizzare le soprintendenze: non si può dar sempre carico alla Presidenza del Consiglio di dirimere i conflitti tra i ministeri, allungando ancor più i tempi”. E i progetti poco adatti? “Il Mic potrebbe dare un parere positivo condizionato invece di respingerli”. Per Ciafani i passi avanti “ci sono stati e sono arrivati soprattutto grazie al Parlamento, ma non sono tali da permettere di fare 20 gigawatt l’anno per tre anni che chiede Confindustria o i 90 che chiede Legambiente con Wwf e Greenpeace”.

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