BENI COMUNI. L’amministrazione Gualtieri lancia il suo piano su servizi e casa. La protesta dei movimenti per l’abitare: «Adesso basta sgomberi»
DI GIULIANO SANTORO, IL MANIFESTO, 31 MAGGIO 2022
La città di Roma convoca alla Centrale Montemartini, all’inizio del secolo scorso avveniristico impianto di produzione elettrica municipalizzata poi convertito a polo museale, gli Stati generali del patrimonio. Dopo anni di riduzione degli spazi pubblici e di politiche che hanno favorito la rendita, ragionare sull’impiego dell’immenso patrimonio immobiliare capitolino non è cosa da poco. Le politiche abitative e i servizi alla persona in una città sconfinata e cresciuta in modo disordinato hanno a che fare con la gestione dei luoghi. Da qui parte l’assessore Tobia Zevi. «Il patrimonio pubblico ha un impatto enorme sulla città – afferma aprendo i lavori – Un’azione su questo settore basterebbe a cambiare la faccia di interi quartieri».
LE PREMESSE non sembrano le migliori: vola qualche manganellata sulle duecento persone dei movimenti di lotta per l’abitare che affollano la via Ostiense. Protestano per non essere stati coinvolti. Dentro, accanto ad amministratori, singoli cittadini, operatori del settore, ci sono la Caritas, Legambiente e gli imprenditori di Assoimmobiliare (cui viene affidato il tavolo di discussione intitolato «Valorizzare»).
I PROSSIMI SGOMBERI potrebbero colpire le occupazioni di Torrevecchia e via delle Province. Eppure, le occupazioni abitative hanno sperimentato in questi anni un’autorigenerazione dal basso, dando casa a oltre 12 mila persone. Roberto Gualtieri sintetizza così la strategia della sua amministrazione: «Più case in edilizia residenziale pubblica, più studentati». Soprattutto: «Più social housing». Cioè lo strumento che prevede di rilasciare concessioni edilizie in cambio di affitti calmierati. Al tavolo sull’abitare ha partecipato anche Silvia Paoluzzi, della segreteria romana di Unione inquilini. «La considero un’occasione sprecata – racconta – Nonostante le posizioni espresse, ci si è ridotti a discutere di social housing sì o social housing no. E invece Roma avrebbe bisogno di politiche abitative strutturali, saremmo dovuti partire dai dati della sofferenza abitativa, le 15 mila famiglie su cui pende una sentenza di sfratto, le 14 mila famiglie in graduatoria per una casa popolare, le occupazioni sotto sgombero. Il problema è il reperimento di alloggi pubblici per garantire il passaggio di casa in casa».
L’ALTRA GRANDE questione sono gli spazi sociali. Zevi ha poi annunciato un piano per consegnare alla città «500 spazi ad uso sociale: palestre, attività ricreative, culturali, educative, di accoglienza, di condivisione, che si occupano di territorio. Perché l’aggregazione è un bisogno fondamentale dei cittadini e un elemento di coesione». Di questa partita fanno parte i tantissimi spazi sociali gettati in un mare di debiti dalla tagliola del regolamento capitolino e della giustizia contabile. Zevi dice che mira al «riconoscimento di quei luoghi che sono già animati da realtà virtuose». La giunta sta scrivendo un nuovo regolamento. «Stiamo lavorando in parallelo, tanto al censimento quanto al regolamento del patrimonio pubblico. Su questo vogliamo andare avanti in tempi molto serrati», conferma Gualtieri.
SOLTANTO POCHI giorni fa, Zevi ha convocato i responsabili di associazioni e spazi sociali per annunciare loro i primi progressi: la buona notizia è che non sarà necessario rimettere tutto a bando, ma si dovrebbe tenere conto della storia e del radicamento delle singole situazioni. A proposito di pregresso, però, c’è un fardello economico che pesa su tante situazioni. Su questo fronte bisogna ancora lavorare. Proprio mentre gli Stati generali erano i corso, partiva ufficialmente il crowdfunding a sostegno di Esc Atelier Autogestito, che rischia di chiudere a causa di un’ingiunzione di pagamento emessa dal Comune di circa 220 mila euro: dieci anni di affitto ricalcolati a canone di mercato. «Questo debito ingiusto e illegittimo minaccia il presente e il futuro di Esc. Va cancellato – dicono gli attivisti – Ma ancora nessuna risposta è arrivata dalla giunta Gualtieri. Se la politica non cancella il debito, chiamiamo la città, le reti di solidarietà a Roma, in Italia e in Europa a mobilitarsi e a sostenerci». Si può donare sul conto Banca Etica, appositamente predisposto, direttamente dal sito.