La salute è una per tutta la terra

DI MARIA RITA GISMONDO, IL FATTO QUOTIDIANO, 19 APRILE 2022

Siamo ormai consapevoli che virus e batteri non conoscono confini e barriere e che l’emergenza sanitaria, ovunque si manifesti, è del pianeta intero. Purtroppo sembra che la storia non abbia insegnato nulla e che la tragica lezione della pandemia non sia stata sufficiente per considerare il pianeta, almeno dal punto di vista sanitario, un unico territorio. Fino a quando la salute non sarà considerata un bene globale e tutte le popolazioni potranno godere di pari diritti di accesso alle cure minime e i governi non siano chiamati a rispettare piani di prevenzione, ci troveremo a combattere contro i mulini al vento e impareremo che i nostri programmi sanitari, seppur sofisticati, potranno essere vanificati dall’assenza di una visione globale. L’argomento interessa, più che ogni altra patologia, le malattie infettive e il repentino mutamento climatico sta enfatizzando il problema: i flussi migratori sono destinati a ingigantirsi, popolazioni che fuggono non solo da guerre dimenticate, ma anche da siccità e fame. Limitiamoci all’aspetto sanitario, benché spesso strettamente correlato agli eventi bellici. Malgrado gli accordi, a livello internazionale sul raggiungimento di obiettivi di salute globale, malgrado i continui “alert” dell’Oms, si fa poco o nulla di veramente incisivo. L’Africa, parte dell’India, il Pakistan sono Paesi con minacce biologiche pronte a esplodere. Chi è stato più volte in questi luoghi, sa bene che negli ultimi 15 anni l’unico cambiamento, dal punto di vista sanitario, è la comparsa di cliniche private, inaccessibili alla maggior parte della popolazione. Nessun programma sanitario concreto, scarsa vaccinazione e mercati malsani dove i bambini cercano resti di cibo, periferie con canali di scolo a cielo aperto. Molta di questa gente emigra in cerca di condizioni migliori. Inutile illudersi che costruendo nuove barriere ci proteggeremo dalle infezioni che potrebbero diffondersi. In un momento di profonda crisi delle istituzioni internazionali, bisognerebbe sviluppare una visione sanitaria globale: l’alternativa è un ritorno all’epoca in cui le malattie infettive erano al primo posto come causa di morte e nuove pandemie sempre più ravvicinate.
Direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

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