Il 22 maggio è la Giornata Mondiale della Biodiversità, una ricorrenza istituita nel 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per rimarcare la sempre più urgente necessità di proteggere gli ecosistemi terrestri e le specie viventi. La biodiversità può essere infatti definita come la ricchezza di vita sulla Terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera.
Ma c’è poco da celebrare purtroppo. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, le condizioni meteorologiche estreme hanno causato la morte di 2 milioni di persone e 4,3 trilioni di dollari di danni economici nell’ultimo mezzo secolo.
Il rapporto ha rilevato che oltre il 90% dei decessi segnalati in tutto il mondo a causa di questi disastri ha avuto luogo nei paesi in via di sviluppo.
“Le comunità più vulnerabili purtroppo sopportano il peso maggiore dei rischi meteorologici, climatici e legati all’acqua”, ha dichiarato in una nota il capo dell’OMM Petteri Taalas.
Le Nazioni Unite hanno lanciato un piano per garantire che tutte le nazioni siano coperte da sistemi di allerta precoce in caso di calamità entro la fine del 2027. Ad oggi, solo la metà dei paesi del mondo dispone di tali sistemi.
E dai paesi più ricchi del mondo riuniti in Giappone per il G7 i segnali non sono buoni. Stando a quanto scrive il Financial Times.
Nel loro comunicato finale, i leader del G7, inclusi Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Italia e Canada, hanno affermato di essere impegnati a raggiungere un settore energetico “completamente o prevalentemente” decarbonizzato entro il 2035 e ad “accelerare” l’eliminazione graduale del carbone ma non è riuscito a fissare una scadenza per quest’ultimo.
La mancanza di una data di eliminazione graduale del carbone e l’inclusione della parola “prevalentemente” mettono il Giappone indietro rispetto ai suoi pari, poiché tutti i paesi rimanenti stavano adottando misure concrete per diventare liberi dal carbone.
I paesi del G7 hanno “scelto di rimanere in rotta di collisione alimentata dai combustibili fossili”, ha affermato May Boeve, direttore esecutivo del Climate Action Network, composto da 1.900 organizzazioni della società civile. “Gli impegni deboli, pieni di scappatoie” sono stati un “inaccettabile disprezzo per i crescenti avvertimenti degli scienziati di tutto il mondo”.